Eppure la teoria mi era chiarissima. Avevo letto e riletto il capitolo che parlava della teoria della profondità di campo. Diaframma aperto uguale a sfondo sfocato. E’ così lontano nella memoria più che nel tempo e il periodo in cui studiavo fotografia ed armeggiavo con la mia prima reflex che non ricordo bene cosa sbagliassi.
Forse non aprivo abbastanza il diaframma, forse non puntavo correttamente la messa a fuoco sull’oggetto che volevo a fuoco, forse non usavo un obiettivo sufficientemente luminoso.
Forse, più semplicemente, non avevo ancora compreso che la fotografia è un connubio perfetto tra arte e tecnica: l’una senza l’altra non è nulla, vuoto assoluto. Ma ero sulla buona strada. Ben radicate in me le parole del fotografo che mi vendette la mia prima reflex: “con le compatte automatiche si fanno dei ricordi colorati, con le reflex si possono fare delle fotografie”. Da il notare il “si possono fare”, non necessariamente “si fanno”. Dopo una serie di rullini che davano diapositive in cui tutto, immancabilmente era a fuoco, all’improvviso ci sono riuscito. Per sempre.
Da quel momento avevo conquistato uno dei controlli più importanti che si può avere su una fotografia: decidere ciò che deve essere a fuoco e ciò che non lo deve essere.
In questo articolo cercheremo quindi di capire innanzitutto perché è importante questo controllo e, soprattutto, come ottenerlo. Ve lo garantisco, al termine della lettura non vorrete altra impostazione se non quella a priorità di diaframma.
A cosa serve una grande profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?
Eugene Smith
Si potrebbe pensare che lo scopo di una fotografia sia quello di immortalare ciò che, in un dato istante, vedono i nostri occhi. La fotografia è anche questo ma non solo, la fotografia è molto di più.
Se così non fosse questo articolo non avrebbe ragione di esistere. Quando guardiamo con i nostri occhi abbiamo la sensazione di vedere tutto completamente a fuoco. In realtà quando guardiamo un oggetto molto vicino mettiamo a fuoco su di esso mentre il resto della scena è un po’ sfocato. Non ci rendiamo conto di tutto questo perché il nostro cervello è concentrato sull’oggetto che stiamo guardando e pone poca attenzione al resto.
Controllare la profondità di campo consente di decidere la “quantità” di elementi presenti nel campo inquadrato dalla fotocamera che sono a fuoco rispetto a quelli che non lo sono. Dato il soggetto ripreso, su cui è puntato il sistema di messa a fuoco a automatico della fotocamera, si tratta di decidere quanti elementi più vicini e quanti più lontani sono a fuoco. La distanza tra l’elemento più vicino e quello più lontano è la profondità di campo.
Questa foto mostra uno scatto con flash in interni in cui si è scelta una elevata profondità di campo e quindi con quasi tutto a fuoco. Il risultato è una foto di scarso interesse e decisamente brutta.
Un dettaglio dello stesso lampadario con una ridotta profondità di campo e conseguente sfocatura dello sfondo, fa nascere una fotografia più interessante e suggestiva. Sicuramente non si tratta di un capolavoro ma è di sicuro migliore dell’altra.
Da notare che l’apertura del diaframma delle due fotografie è lo stesso, quindi aprire il diaframma (f/4 è la massima luminosità dell’obiettivo che stavo utilizzando) da solo non basta per ottenere lo sfondo sfocato.
Uno sfondo sfocato consente inoltre di ottenere un buon livello di separazione tra il soggetto della fotografia e lo sfondo. In questo modo gli elementi presenti sullo sfondo non distraggono chi guarda la fotografia. La foto seguente, realizzata con un teleobiettivo zoom alla massima lunghezza focale e con la massima apertura consentita dalla luminosità dell’obiettivo stesso, consentono un delicato effetto di sfocatura dello sfondo e la possibilità di concentrarsi sulla modella, soggetto della fotografia.
La scelta della profondità di campo consente di ottenere un notevole livello di controllo creativo nelle proprie fotografie: si riesce così a far posare l’occhio di chi guarda la fotografia sul dettaglio desiderato.
Si riesce ad ottenere una immagine che desta l’attenzione di chi la guarda perché sorprende il cervello abituato com’è ad immagini in cui tutto è più o meno a fuoco.
Convincetevi di suonare bene e suonerete bene.
Fryderyk Chopin
Ora che abbiamo compreso perché è molto utile saper controllare la profondità di campo di una fotografia, vediamo come ottenere tale controllo.
Non descriveremo qui le impostazioni relative ad una particolare macchina fotografica ma daremo indicazioni generali e quindi applicabili a tutte le fotocamere.
La profondità di campo diminuisce in funzione di questi tre parametri.
diaframma aperto cioè numeri f piccoli
piccola distanza tra fotocamera e soggetto
grande lunghezza focale dell’obiettivo (verso il tele)
Se la fotocamera utilizzata lo consente, l’impostazione migliore per controllare la profondità di campo è quella normalmente definita “a priorità di diaframma”.
Questa modalità consente di impostare il diaframma desiderato e lasciare che l’esposimetro della fotocamera determini il tempo di esposizione necessario per la corretta esposizione.
In questo modo si ottiene il controllo di tutti e tre parametri con l’ovvio limite determinato dalla luminosità dell’obiettivo, della luce della scena, della minima distanza di messa a fuoco e dello spazio a disposizione per allontanarsi dal soggetto (se si aumenta la focale, a parità di inquadratura, bisognerà infatti allontanarsi dal soggetto). Se si vuole ottenere la massima sfocatura dello sfondo bisogna impostare la massima apertura possibile di diaframma con la massima lunghezza focale e la minima distanza dal soggetto. E’ importante tenere presente che con questa impostazione limite, con obiettivi particolarmente luminosi e con elevata lunghezza focale si rischia di non avere a fuoco l’intero soggetto ma solo una sua parte.
Su molte fotocamere reflex è disponibile un pulsante che consente di avere un’anteprima della scena nel mirino, ciò viene realizzato chiudendo il diaframma al valore impostato per lo scatto. Visto che vogliamo sfocare lo sfondo probabilmente il diaframma impostato per lo scatto sarà sufficientemente aperto da ottenere una buona visibilità della scena. Di norma invece il diaframma viene mantenuto alla massima apertura consentita dall’obiettivo in modo da consentire il miglior funzionamento dell’esposimetro e di fornire la migliore visibilità nel mirino.
Nulla è più pratico di una buona teoria.
Albert Einstein
Quando fotografo io preferisco “vivere emozionalmente” il momento senza dover pensare ai dettagli tecnici o teorici. Per questo la regolazione “a priorità di diaframma” è perfetta: veloce regolazione del diaframma “a sensazione”, verifica nel mirino e scatto.
Questo non significa però che non si debbano conoscere gli aspetti teorici ma che bisogna assimilarli in modo che diventi così automatico il loro utilizzo da potersi concentrare su aspetti quali la composizione, la profondità di campo, la posa dei soggetti. Conoscere la teoria aiuta inoltre a capire il perché di certe impostazioni e quindi consente di usarle meglio ed in modo più consapevole.
La profondità di campo è l’intervallo all’interno del quale tutto risulta perfettamente a fuoco. L’obiettivo della fotocamera viene messo a fuoco su un particolare piano della scena inquadrata e, per un tratto verso la fotocamera e per un altro dal lato opposto, gli oggetti presenti rimangono a fuoco. Oltre tali distanze la nitidezza digrada gradualmente.
Il circolo di confusione è il piccolo cerchio della stessa forma del diaframma che viene proiettato dal sistema di lenti dell’obiettivo sul piano della pellicola o sensore della fotocamera. I punti sul piano di mesa a fuoco e quelli all’interno della profondità di campo proiettano un cerchio così piccolo da esse- re percepito come un punto. La dimensione del cerchio aumenta man mano che ci si allontana da tale intervallo, determinando quindi la progressiva sfocatura.
La distanza iperfocale è la distanza tra l’obiettivo ed il piano di messa a fuoco che consente di ottenere la massima profondità di campo con una data apertura di diaframma e lunghezza focale. Quando l’obiettivo è messo a fuoco sulla distanza iperfocale la profondità di campo si estende dalla metà della distanza iperfocale stessa fino all’infinito.
Dobbiamo imparare bene le regole, in modo da infrangerle nel modo giusto.
Dalai Lama
Alcune semplici indicazioni consentono di evitare piccoli grandi errori ed ottenere fotografie più belle ed interessanti.
Se il soggetto della fotografia è il volto di una persona, ricordatevi di fare in modo che gli occhi siano perfettamente a fuoco. E’ fastidiosissima una fotografia in cui è a fuoco un dettaglio del viso ma non gli occhi della persona.
Se si inserisce un elemento in primo piano per dare profondità alla scena fotografata, è bene che sia completamente a fuoco anche se non è il soggetto principale.
L’ultima regola è: violate le regole! La fotografia è soprattutto arte ed in arte è fondamentale conoscere bene le regole per poi violarle scientemente in modo da ottenere un risultato creativo.
La regola che segue l’ultima è che bisogna fare molte prove e sviluppare molta esperienza per ottenere il proprio elenco di regole che possono essere violate. In questo modo si può arrivare a sviluppare il proprio stile fotografico personale.
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